L'intuizione del Bernini

Uno dei più grandi e geniali artisti mai nati, come abbiamo accennato in altro scritto, fu Gian Lorenzo Bernini. Scultore, pittore ed architetto del ‘600, diede il meglio di se proprio nella Città Eterna attraverso una produzione artistica così importante che lo rese uno dei personaggi più fecondi della storia dell’arte.

Tra le sue opere ve ne è una che può essere, per le motivazioni che vedremo, considerata come un punto di svolta nella scultura barocca. E pensare che non è neanche tra le sue opere più famose! Stiamo parlando della fontana del Tritone che si trova a  piazza Barberini, piazza da cui parte la famosissima via Veneto. Questa fontana, spesso sottovalutata ingiustamente dai turisti che le passano accanto poco attenti, vide la luce tra la fine del 1642 e l’inizio dell’anno successivo e fu commissionata da Papa Urbano VIII, quel Maffeo Barberini che, qualche anno prima si era fatto costruire un lussuoso palazzo che tutt’oggi si affaccia sulla piazza. Costruita interamente in travertino, essa è costituita da un vasca che si trova quasi ad altezza suolo, sopra cui vi sono 4 delfini che emergono dall’acqua a bocca aperta e sorreggono, attraverso le loro code incrociate, una grande conchiglia. Questa conchiglia è aperta e, sopra di essa, è seduto Tritone; plastica è la postura di questa divinità marina, dal tronco potente e dalla gambe squamate, che reclina la testa all’indietro soffiando dentro una piccola conchiglia che afferra con le potenti mani. Da questa piccola conchiglia zampilla un filo d’acqua. La fontana ha dimensioni davvero notevoli; si pensi che supera i 6 metri di altezza e che la vasca ha un diametro di quasi 14 metri. Il protagonista della fontana, come detto, è Tritone, una divinità del mare, figlio di Poseidone (Nettuno per i romani) e di Anfitrite, una nereide. Egli, dall’impeto bellicoso e violento, portava con se sempre il suo mitico corno, fatto appunto con una conchiglia, il cui suono serviva per placare le tempeste e annunciare l’arrivo del potente padre. In questa fontana, nello specifico, il Bernini riprende un tema classico: la divinità marina che emerge dall’acqua e con il suo corno comunica al mondo il trionfo degli Dei. Ebbene, con un voluto parallelismo con il mondo classico,  il Tritone del nostro scultore sembra uscire dalle acque per annunciare il trionfo del Pontefice e della sua famiglia; non si sottovaluti al riguardo il fatto che, tra le code dei delfini, sono scolpite tre api, il simbolo araldico dei Barberini. Tritone veniva raffigurato, sia nelle sculture classiche che in quelle successive, con la metà superiore del corpo da umano mentre quella inferiore da pesce; le fattezze, però erano decisamente più mostruose di quella che il Bernini immortalò nella sua fontana. Il Tritone del Bernini esprime forza ed eleganza. Se osserviamo bene  questa spettacolare opera notiamo però una particolarità che mai avremmo potuto riscontrare in una fontana costruita precedentemente. La base del gruppo scultoreo è cava, non abbiamo un pilastro su cui si regge l’intera scultura ma lo spazio tra le code dei delfini è vuoto. Questa innovazione cambierà per sempre l’arte scultorea. In questo modo l’artista otteneva 2 risultati certamente di grande rilevanza. Innanzitutto conferiva alla scultura grande eleganza, facendola apparire, agli occhi dell’osservatore, leggera e dinamica al tempo stesso. Le dava, potremmo dire, quasi uno slancio importante verso l’alto. Il senso di oppressione che normalmente si prova al cospetto di opere troppo possenti qui cede il passo all’armonia delle forme. Poi, attraverso questa invenzione tecnica, metteva in mostra tutta la sua bravura, dando luogo ad un vero e proprio virtuosismo artistico in quanto, riuscire a dare, senza un basamento centrale, stabilità all’opera non era sicuramente facile. Oltre ,logicamente,  alle obiettive difficoltà nello scolpire in questo modo. Venivano pertanto esaltate alcune connotazioni basilari del carattere e della personalità di Gian Lorenzo Bernini: l’indubbia genialità e una grande consapevolezza dei propri straordinari mezzi. Non aveva certamente paura di innovare e di dare libero sfogo alle sue intuizioni. Un genio appunto.

Giuseppe Rosselli

 

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