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Il Laocoonte

Il gruppo scultoreo del Laocoonte, meglio conosciuto con il semplice nome di Laocoonte,  è una delle sculture più famose al mondo. Capolavoro dell’arte romana, scolpita probabilmente nella seconda parte del I sec a.c., essa è una copia in marmo di un’opera in bronzo del periodo ellenistico, forse della scuola di Pergamo. Attribuita ad Agesandro, Polidoro e Atanadoro, tre famosissimi scultori di Rodi, il Laocoonte raffigura un famosissimo episodio della guerra di Troia che fu descritto, in maniera molto approfondita, da Virgilio nell’Eneide.

Laocoonte , sacerdote di Apollo, cerca di dissuadere i troiani dal portare il cavallo di legno, lasciato sulla spiaggia dagli Achei, dentro le mura di Troia; a quel punto Atena, che proteggeva i Greci, per punire il sacerdote ed impedirgli di convincere i suoi concittadini, manda due mostri marini (serpenti giganti, per la precisione) che si avventano sull’uomo e sui suoi due figli, uccidendoli. Terrorizzati per l’accaduto, i troiani, reputando l’avvenimento come una chiara punizione divina nei confronti di Laocoonte, portano dentro le mura della città il cavallo provocando, così, la distruzione della loro amata patria. È possibile ammirare questa straordinaria opera presso i Musei Vaticani, nel cortile ottagono di questi famosissimi musei, cortile appositamente progettato da Donato Bramante, dove essa fu collocata, subito dopo il suo rinvenimento. È rimasta sempre in quel luogo, a parte il breve periodo in cui fu portata da Napoleone Bonaparte al Louvre di Parigi (dal 1798 al 1815). Singolare è la storia della sua “scoperta”. Fu rinvenuta il 14 gennaio 1506 a seguito di imponenti scavi nella zona del colle Oppio, sopra la Domus Aurea; a questi scavi assistettero anche Michelangelo e Giuliano da Sangallo (l’architetto prediletto di Lorenzo il Magnifico) ed è a quest’ultimo che si deve l’immediata identificazione della statua, che affiorava dalla terra. L’architetto fiorentino, infatti, aveva letto un’opera dello scrittore e naturalista romano Plinio il Vecchio in cui viene minuziosamente descritta questa scultura ammirata nella residenza del futuro imperatore Tito che aveva la propria lussuosa dimora proprio sull’odierno Colle Oppio. Ciò che di questo gruppo marmoreo colpisce in modo evidente, è la potenza espressiva che promana dal sacerdote troiano. Il suo contorcersi in maniera rabbiosa quasi perdendo la stabilità, il suo divincolarsi disperatamente e slanciarsi verso l’alto (raggiunge quasi i 2,5 metri di altezza) nell’estremo tentativo di liberarsi dalla morsa mortale, il suo contrarre ed allungare la muscolatura cercando di liberare tutta la sua forza, conferiscono alla scultura una drammaticità emotiva notevolissima e riescono a tradurre in pietra benissimo la sofferenza fisica e psicologica di un uomo prossimo alla fine . Nel  volto del Laocoonte vediamo lo sforzo estremo di chi cerca, invano, di sfuggire alla morte e la disperazione di chi non riesce ad evitare la stessa sorte ai figli. Opera drammatica ed emozionante che cattura l’attenzione dei tantissimi turisti che affollano ogni giorno i Musei Vaticani, essa rappresenta, sicuramente, una delle statue più ammirate e fotografate di Roma. Capolavoro immortale dell’arte romana, ebbe, fin dal suo ritrovamento, una grandissima notorietà. Si pensi che influenzò non solo l’arte rinascimentale italiana ma anche quella del periodo barocco e che la sua fama travalicò i confini nazionali per svilupparsi rapidamente in tutta Europa.  Interessante il tentativo della monarchia francese di impossessarsene, durante il papato di Clemente VII, tentativo fallito e che vide il re accontentarsi solo di un modesto calco da cui fu ottenuta una copia in bronzo. D’altronde il tormento e il movimento disperato del Laocoonte hanno colpito ed ispirato artisti del calibro di Michelangelo, di Tiziano e successivamente del Bernini. Così come molti intellettuali hanno, nel corso dei secoli, dedicato un po’ dei loro studi a questa incredibile opera. Uno su tutti Goethe, lo scrittore tedesco, che nella sua opera “Sul Laocoonte”, prende a modello questa scultura come simbolo universale di perfezione artistica.

 

Giuseppe Rosselli

Read 4060 times Last modified on Sabato, 26 Gennaio 2019 16:43
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